a cura di Diana Cossa, archivista
Leopoldo Pollack nacque a Vienna nel 1751, figlio di un funzionario della Cancelleria del Dipartimento d’Italia a Vienna. Si trasferì a Milano nel 1775 dopo aver frequentato l’Accademia di Belle Arti nella città natale e divenne ben presto collaboratore del suo maestro, Giuseppe Piermarini. Si affermò professionalmente a partire dagli anni Ottanta assumendo un ruolo importante sotto il regno di Giuseppe II, impegnandosi particolarmente nella progettazione di una serie di edifici per l’istruzione e per l’assistenza nella Lombardia austriaca.
Tra il 1796 e il 1797 fu incaricato dalla contessa Faustina Grosso, moglie del conte Carlo Mazzetti di Montalero, di progettare il giardino del suo palazzo di Riva di Chieri.
In una lettera del 30 dicembre del 1796 indirizzata alla contessa Mazzetti, Pollack si scusa per essere stato trattenuto tre mesi dai suoi committenti e amici (gli Asburgo a Milano) e di non aver potuto assolvere al compito assegnatogli dalla contessa: “Prometto con questa di servirla con ogni puntualità, più presto che ne sarà fattibile …” e chiede delucidazioni sul progetto che dovrà eseguire: “Ho creduto di rimandare il suo foglio redatto soltanto per il minor volume in piccolo col sopra posto indice uniforme all’originale sul quale io appoggio le mie domande … prego, pertanto, di rispondere in ordine tenuto da me e di farmi avere più presto che sarà fattibile la dimandata forma dei fabbricati …”
Si informa, inoltre, sulla grandezza che avrebbero dovuto avere tali fabbricati chiedendo spiegazioni sulle unità di misura: “come pure farmi sapere quanti piedi del Re ne contiene un trabucco di Piemonte overo quanti piedi del Re fanno trenta trabucchi di Piemonte”, ricordandoci che all’epoca il sistema di misurazione era diverso da quello metrico decimale che usiamo ora e che cambiava a seconda delle aree geografiche.
Piede=12 once (oncia = 12 punti) che corrisponde a metri 0,514403
6 piedi= trabucco di Piemonte
La pianta dell’area di Palazzo Mazzetti ci mostra quanto doveva essere grande lo spazio occupato dal “giardino compreso li muri che lo chiudono”, contraddistinto con la lettera D e suddiviso in due grandi aree.
La pianta del giardino indica in maniera minuziosa le aree dove dovevano essere posti i vari tipi di alberi, che sono elencati in francese, e le zone dove ci sarebbero state delle costruzioni:
nella zona D, ad esempio, doveva esserci un frutteto (verger), nello spazio contrassegnato dal numero 29 un pergolato (charmille), nello spazio col numero 5 il tempio di Bacco, mentre il numero 6 indica il grande viale di platani delimitato da pergolati di carpino (grand aveneu de paltane a border de charmille…).
Oltre ai disegni ci sono in archivio anche appunti dettagliati su come si sarebbe dovuto procedere alla costruzione delle varie parti del giardino.
“Per riempire la vasca nell’ortaglia si costruirà un canale sotterraneo di capacità tanta quanta sarà fattibile di averne dell’acqua; il suo scaricatoio, che sarà vicino al bordo della vasca, dovrà essere di uguale dimensione, perché progressivamente l’acqua suddetta possa con la sua quantità far dell’effetto alla fontana n. 12 ove sgorgherà da varie fessure dello scoglio da disporsi pittorescamente… Da questa fontana dovrà correre l’acqua suddetta formando in n. 13 un lago …”.
Vi sono pure indicazioni su quanto doveva essere profondo lo scavo dei fossati per piantare gli alberi.
“Si avrà cura che nei siti dove si dovrà costruire o eriggere qualche monumento, o fabbrica, di far primo il proporzionato fondamento di muro sul fondo sodo altrimenti facendo questa operazione dopo che è ridato già il piano risulta un duplo lavoro, in conseguenza nuova spesa, e gli oggetti sono soggetti a calare, strapiombare…”.
Sono molti i bozzetti acquerellati che Pollack realizzò per la progettazione dei giardini di palazzo Grosso e che costituiscono un’importante testimonianza della sua attività artistica e testimoniano il suo interesse di armonizzare natura e architettura, anche se mai si concretizzarono a causa delle turbolente vicende politiche che in quegli anni investirono lo stato sabaudo.